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Il mito delle Langhe non è tutto di Pavese. Pavese lo ha personalizzato, fatto poesia e drammaticamente testimoniato. Anzi, forse la Langa è stata il suo paesaggio visibile e invisibile che gli ha dato gloria e fama, un paesaggio predisposto alla sua vocazione interiore, alla malinconia solitaria: una scena pronta (o allestita) per il suo gesto estremo. Le Langhe sono inoltre figlie delle frane e della Resistenza, sono antichissime e anche recentissime. La letteratura, quella più importante (non 'descrittiva-illustrativa') di Pavese e di Fenoglio, non è stata troppo tenera col territorio. Poi, nel secondo dopoguerra, con il vino e l'industria arrivano il benessere, case, turismo, i libri di storia locale, tanta letteratura replicante, un'alluvione giornalistica. E il paesaggio muta radicalmente e con esso anche l'identità di chi l'osserva o lo contempla o lo vive. Ugo Roello - partendo da Pavese, ma andando oltre nell'opera di osservazione, rivisitazione, riscoperta e 'reinvenzione' del territorio delle Langhe - su questi temi ha invitato a riflettere più di quaranta tra scrittori, giornalisti, critici letterari, ricercatori e storici. Le diverse sensibilità e competenze e i diversi punti di vista confluiscono in una visione d'insieme dinamica e coinvolgente.